PRESENTAZIONE

 

Una duplice missione investe quanti operano nell’ambito degli istituti di formazione: per un verso la conoscenza del patrimonio che viene consegnato dal passato e, per altro, l’inserimento, nelle dinamiche del mondo presente, di questo complesso di conoscenze, riflessioni e indagini perché diventi proiezione verso il futuro creativo che non sia soltanto nostalgica ripetizione ed archeologia artistica, ma sviluppo e dilatazione di quanto ci è stato consegnato dal più importante ed omogeneo fenomeno di mediazione culturale che sia stato vissuto mediante una fede religiosa. I linguaggi artistici e musicali, nella nostra storia di Chiesa, non sono mai stati coniugati indipendentemente dal fatto liturgico. Lo spazio e il tempo sono le dimensioni ineliminabili dell’arte a servizio della liturgia. Il clima emotivo che dispone alla fede ed alla piena partecipazione al mistero che viene celebrato, avvolge e colpisce tutti i sensi della persona. Gli occhi delle comunità che di epoca in epoca si sono succedute nella celebrazione delle liturgie della Chiesa, hanno ricevuto dalle strutture architettoniche, dalle pietre delle basiliche romaniche al cemento armato di quelle contemporanee, un preciso messaggio di inculturazione della fede nei linguaggi della cultura contemporanea. La musica ed il canto, però, rispetto all’architettura ed alle arti figurative e plastiche, hanno un legame immediato e stretto con un elemento che nello spazio artistico può essere meno immediato ed evidente: il tempo. E’ il tempo, invece, il ‘luogo’ nel quale musica e canto si esprimono, e tale tempo non è quello del ritmo puro, che può essere espresso dalla danza, è quello della parola cantata. Per quanti tentativi ed espressioni si siano avute, per quel che riguarda la danza, mai questa è potuta diventare espressione d’arte fondamentale ed essenziale nella liturgia. La musica ed il canto, invece, lo sono sempre state e lo rimarranno, proprio per il legame con l’unico fondamento della liturgia cristiana che è la Parola di Dio e per la risposta ad essa, in parole, da parte della Chiesa. Lo sviluppo dei linguaggi artistici e musicali per la Liturgia sono sempre stati concatenati come in un continuo generarsi di “frattali” da un elemento precedente. In questa ottica si colloca l’Officina gregoriana che qui presentiamo. Il Canto Gregoriano, nell’uso nostalgico ed archeologico, rimane un elemento d’arte certamente prezioso e di indiscusso valore, ma non è il linguaggio che si inserisce nelle dinamiche della cultura musicale. Il Canto Gregoriano come strumento di “restaurazione liturgica”, è lontano culturalmente tanto quanto il melodramma, dalla musica che sorregge il canto e la musica per la liturgia creati da Messiaen e Stravinskij, da Britten e Hindemith. Il volume che viene dato alle stampe, nella sua collana di Saggistica e didattica, dal Pontificio Istituto di Musica Sacra, dal titolo “Officina gregoriana” è il frutto dell’esperienza didattica e della militanza musicale di Theo Flury e di Gennaro Becchimanzi. La pubblicazione inserisce nelle dinamiche culturali e musicali della liturgia odierna, il Canto Gregoriano esattamente come la Storia della Chiesa ha fatto nell’accogliere tutti e singoli i momenti evolutivi dell’arte e dei suoi linguaggi. La proposta di accompagnamento alla tastiera dei brani del repertorio gregoriano, più conosciuti e diffusi, costituisce la prima parte del volume. Il contributo per questo segmento molto particolare dell’uso di questo repertorio nelle celebrazioni, risulta distante da proposte simili dei decenni passati, allorché l’accompagnamento veniva piegato a continui sforzi, sia per il ritmo sia per le armonie, di sudditanza alle cellule melismatiche della melodia liturgica. Il riferirsi, invece, come propongono gli Autori, ai fondamenti modali dell’insieme dei periodi musicali, propone un accompagnamento che risulta essere più fedele all’insieme della linea melodica e della costruzione testuale. L’inserimento di “Officina gregoriana” nella grande storia liturgico/musicale si sviluppa, poi, nella presentazione di brevi composizioni polifoniche germinate da melodie gregoriane, seguendo la strada maestra dell’imitazione.

Il legame tra Teologia, spiritualità e Canto liturgico viene elaborato, infine, da Gennaro Becchimanzi, insieme con la presentazione di composizioni cosiddette neo-gregoriane, nella terza parte della pubblicazione. Gli studi dedicati ai rapporti tra Teologia, musica e canto, da H. U. von Balthasar a R. Guardini a J. Ratzinger ci hanno condotti in questo ambito specifico di ricerca e in questa ottica si colloca lo studio dedicato da G. Becchimanzi, al significato teologico-spirituale del Credo I. Nell’ambito degli ormai numerosi titoli della Collana Saggistica e didattica, questa pubblicazione è testimonianza vivace dell’attività didattica del PIMS, che pone sempre davanti a sé l’orizzonte formativo per i propri studenti e il contributo qualificato per gli studiosi. Il ringraziamento del Pontificio istituto di Musica Sacra per gli Autori si accompagna con il canto di lode al Signore, Deus, scientiarum Dominus, che nella Sua Provvidenza ci consente di svolgere anche questa attività editoriale. Questo impegno editoriale è realizzato grazie alla nostra Chiesa che continua, con lungimiranza e intelligenza, umana e spirituale, ad investire nell’Arte e nella Musica a servizio della lode perenne nella quale il Canto Gregoriano occupa un posto di assoluto privilegio.

 

 

Mons. Vincenzo De Gregorio

                                                                                  Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra